Incastonato tra il Trentino e il Veneto, con Lavarone a occidente, le vette della Valsugana a chiudere il confine settentrionale e le gelide alture d’Asiago a oriente, separate dall’angusta e fiabesca Val d’Assa, l’altopiano di Luserna si presenta anche orograficamente come un territorio fuori dal tempo e dallo spazio. Il villaggio si raccoglie tra il dirupo che si affaccia sulla Val d’Astico e la montagna retrostante su cui si distribuiscono in ordine sparso i caratteristici “Hüttn”, gli alpeggi e le fattorie in quota. Qui, a oltre 1300 metri di quota, circondata da boschi misti, pascoli e muretti a secco millenari, una piccola comunità custodisce gli ultimi residui di un patrimonio linguistico e culturale conservatosi grazie all’isolamento di queste terre.
I “cimbri“, come si usa chiamare la minoranza germanofona dell’altopiano, non hanno nulla a che fare con l’omonima tribù di guerrieri di origine scandinava (da Chersoneus Cimbrica, l’attuale Jutland) sconfitti dal console Gaio Mario nel 101 a.C. presso i Campi Raudii, in Piemonte. La loro origine, avvolta per secoli nel mistero più fitto, è stata recentemente ricondotta alle migrazioni promosse nell’Alto Medioevo da nobili e religiosi veneti e trentini di origine tedesca per colonizzare le aree montuose a sud-est di Trento. Di quelle antiche popolazioni provenienti principalmente dalla Baviera, i lusernesi sono l’ultima roccaforte linguisticamente non assimilata, una vera e propria isola in un territorio ormai saldamente italiano.
Con i dialetti bavaresi arcaici la lingua cimbra ha mantenuto evidenti elementi di parentela, ma nel corso dei secoli ha anche sviluppato peculiarità proprie, ad esempio nell’organizzazione della frase, nei meccanismi di neoformazione e più ancora nel lessico, particolarmente ricco e preciso nel definire gli oggetti e le attività proprie della tradizione locale: lavorazione del legno, agricoltura di montagna, cicli atmosferici ecc. L’isola linguistica cimbra è perciò non solo geografica, ma anche storica, un piccolo monumento di filologia germanica che ha stimolato l’attenzione degli studiosi.
Nel secolo scorso la comunità lusernese ha scontato la propria condizione di ponte culturale e geografico con lutti e conflitti. Allo scoppio della prima guerra mondiale si trovò direttamente sul fronte, in una delle aree più calde dello scontro tra italiani e austriaci, come testimoniano anche le rovine dell’imponente forte Campo di Luserna sulla Piana di Vezzena, a 1.549 metri di quota. In seguito dovette affrontare anche l’offensiva del nazionalismo e i tentativi di assimilazione e di spopolamento già inflitti alle popolazioni di lingua tedesca del Sud Tirolo.
A Luserna non sopravvive solo una lingua antica, ma anche un patrimonio di tradizioni che rimandano a mondi ancestrali. Nelle leggende locali, gli echi di miti germanici precristiani si intrecciano con il culto cattolico (la prima parrocchiale intitolata a Sant’Antonio da Padova, completamente distrutta dai bombardamenti, fu edificata nel 1711) e con le suggestioni di un ambiente naturale aspro e maestoso. L’identità cimbra si esprime anche nella gastronomia, da assaporare nei ben nove ristoranti distribuiti sul territorio del comune.
Oggi a Luserna vivono poco più di 250 abitanti, ai quali tocca la non facile responsabilità di tramandare un patrimonio così ricco. Per quanto ridotta, la popolazione cimbra è ben determinata nel coltivare il proprio retaggio. L’Istituto culturale cimbro organizza eventi e pubblica testi in lingua italiana e cimbra, le autorità locali curano il patrimonio folclorico e monumentale, gli abitanti vivono con orgoglio e consapevolezza la propria identità, contribuendo così a preservare la complessità anche culturale delle nostre Alpi.
Nel 2020, Luserna ha aderito con Lavarone Folgaria al network Alpine Pearls, per arricchire ulteriormente la propria offerta turistica.